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    Torino-Juve, un derby da doppi ex: i dieci che non ricordate

    Dopo 9 anni alla Lazio l’attaccante nativo di Robbio torna al Nord giocando la stagione 1943-44 con il Torino Fiat realizzando 27 gol in 23 presenze nel campionato d’Alta Italia. Nella stagione successiva Piola cambia maglia e si aggrega alla Juventus dove giocherà la Divisione Nazionale 1945-1946 e il torneo 1946-1947. In entrambi, la squadra bianconera ha conteso senza successo il titolo al Grande Torino. Per Piola due annate in bianconero (dal 1945 al 1947) con 26 gol in 57 presenze. LEGGI TUTTO

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    Torino-Juve, Juric: “Pellegri, Sanabria e Ricci non stanno bene”

    “Sanabria e Pellegri non ci sono. Pellegri ha una vecchia cicatrice che gli dà fastidio. Sanabria leggero affaticamento, non si è allenato e la vedo dura. Mi dispiace per Pellegri, ha questa vecchia cicatrice: i suoi non sono infortuni, ma lo bloccano. La mia sensazione è che, quando ha giocato, ha i movimenti di un attaccante vero. Ma non riesco a farlo rendere per i problemi che ha. Sanabria ci fa giocare bene. Ora pensiamo a come giocare: Karamoh è più un esterno ma l’altro giorno è entrato bene. Vediamo cosa succede e decideremo. Mancherà anche Ricci che ha la febbre, ieri ce l’aveva a 40, magari oggi gli passa ma la vedo dura”. Lo ha detto Juric in conferenza stampa alla vigilia di Torino-Juve. 
    Juric, le parole in conferenza stampa
    Sulla Juve: “Avranno una forte emozione e caratteriale: l’ambiente spesso riesce a compattarsi e i giocatori danno in più. Non so se la sconfitta di Haifa sia buona o no per noi, certamente hanno grandissimi giocatori che non hanno reso. Ci sono tratti nei quali esprimono potenza, accelerazioni e qualità. Nell’ultima partita non hanno fatto bene, ma le precedenti sono state diverse: a tratti buone e a tratti non buone, quando ti va male gira tutto male. Noi proveremo a fare il nostro gioco”.
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    Riecco Wallace, il passionario in maglia Toro

    TORINO – Riecco Mick Wallace il passionario. Irlandese, 66 anni, eletto al Parlamento europeo, è solito fare i suoi discorsi indossando la maglia granata del Toro. Ed è successo anche un paio di giorni fa: dal palco, parla di crisi climatica, di guerra, di profughi, di emissioni, di sostenibilità, con quei capelli bianchi a incorniciare la divisa. Quasi uno spot per il club. E su Instagram sono infatti i tifosi del Toro a commentare: cuore granata Wallace, uno di noi, uno da derby. LEGGI TUTTO

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    Torino, niente riposo: c'è il derby

    TORINO – C’è voglia di derby: per il riscatto e per l’onore. Lo si è capito à gidomenica pomeriggio quando la curva Maratona ha “perdonato” il pareggio interno contro l’Empoli convocando la squadra sotto la curva per caricarla in vista della sfida di sabato pomeriggio nella quale il Toro deve dare un significato al suo campionato. E giocatori e staff hanno immediatamente recepito. Dalle parole si è passati subito ai fatti: i giocatori hanno chiesto e ottenuto da Juric di saltare il giorno di riposo per riprendere subito gli allenamenti. Così il Toro al Filadelfia non ha perso tempo e ha subito messo la Juventus nel suo mirino. Rodriguez e compagni vogliono regalare (finalmente) ai propri tifosi una soddisfazioni dopo che li avevano illusi con un inizio da primato (due successi e un pari nelle prime tre giornate) per poi calare in maniera preoccupante non tanto sul piano del gioco ma su quello dei risultati. LEGGI TUTTO

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    Toro: Schuurs e l'uscita palla al piede. Vi ricorda qualcuno?

    TORINO – Perr Schuurs non è un ragazzo qualunque nel Toro di Ivan Juric. Il sangue dell’olandese si sta colorando sempre più di granata e lo riconosci non solamente dalle prestazioni scintillanti, collezionate sul campo, ma anche dai gesti, dagli stimoli che dà ai compagni, dalle parole soprattutto: «Il nostro valore va dimostrato in tutte le partite, anche per i tifosi. Pensiamo subito alla prossima». Dichiarazioni di un piccolo grande campioncino, con le stimmate del leader che verrà, appartenente alla leva calcistica della classe ’99: la stessa di Matthijs de Ligt, per esempio, anche lui cresciuto nella scuola dell’Ajax. Nuovo, Schuurs, perché appena alla prima stagione di Toro, però già consolidato per abitudini ed esperienze di successo.
    Perfettibile, ma già strepitoso
    E quando Juric dice di Schuurs che «ha una mentalità pazzesca, però deve crescere ancora», esattamente cosa intende? La risposta c’è: il tecnico croato e il vice Matteo Paro stanno lavorando sul tipo di marcatura stretta e sui tempi dell’anticipo, perché l’allenatore sente di aver bisogno di un difensore fisico, che aggredisca l’avversario facendogli sentire il fiato sul collo e riesca ad anticiparlo sul pallone nei tempi più stretti possibili. E che magari costringa l’attaccante a indietreggiare per non finire in fuorigioco. Già immaginiamo Juric urlare a Schuurs istruzioni del tipo: “Devi pressare, devi essere un martello”. Direttive alle quali, evidentemente, l’olandese non era abituato per la scuola di calcio frequentata fino alla scorsa stagione.
    Muraglie umane
    Quanto al lato squisitamente tecnico, nulla da eccepire, ovvio. Si possono migliorare determinati aspetti, ma senza la necessità di insegnare qualcosa. Con Schuurs non ce n’è bisogno, il ragazzo è forte, fortissimo. Perr è destinato a prendere il comando della difesa granata dopo la partenza di Gleison Bremer. E sabato, dopo l’ottima prova contro l’Empoli, c’è il derby. Quello con il brasiliano passato in estate dal Torino alla Juventus sarà un incrocio speciale, suggestivo, intrigante. Dubbio che poi non è tale: l’uscita di Schuurs palla al piede non vi ricorda forse qualcuno? Ognuno, che sia tifoso bianconero o granata, si faccia la propria idea. Intanto l’attesa della stracittadina sta montando in città. Il Toro ci crede e le esibizioni delle due squadre in questo scorcio di campionato fanno pensare che sì, stavolta, non c’è mismatch. Come minimo, a occhio, le distanze sembrano essersi ridotte.
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    Toro, Schuurs la grande certezza: in crescita e pronto a lasciare il segno

    TORINO – Il migliore, la grande certezza. Si chiama Perr Schuurs, 22 anni, olandese, difensore centrale: anche contro l’Empoli, riproposto finalmente titolare da Juric, è stato il migliore in campo. Ma, ovviamente, vuole di più: «Questa partita è simile a quelle disputate contro Inter e Sassuolo, dove abbiamo avuto tante occasioni e alla fine non sono arrivati i punti che meritavamo. Nel primo tempo siamo stati perfetti e abbiamo avuto tantissime palle-gol per passare in vantaggio. E se non concretizzi tutto si complica. Dopo il vantaggio dell’Empoli è uscito il nostro carattere che ci ha permesso di pareggiare nel finale. Ma meritavamo di più, molto più che un punto. Per questo dobbiamo fare ancora meglio. Della mia prestazione sono soddisfatto, per me il campionato italiano è tutto nuovo, ma sto migliorando grazie agli insegnamenti del tecnico e dello staff».

    Il suo ambientamento procede senza problemi. «A Torino e nel Toro mi trovo bene, ho ricevuto tanto affetto da tutti: tifosi, compagni e società. Qui si gioca con un sistema di gioco diverso da quello olandese e devo ancora abituarmi e migliorarmi. Per fortuna l’allenatore e la squadra mi stanno aiutando in ogni circostanza a imparare in fretta. Sì, sono molto contento di essere al Torino». E in effetti con il passare del tempo il centrale sta crescendo in maniera esponenziale, anche se ha sempre fatto bene, sin dall’inizio della sua avventura in granata: tanto da diventare già un idolo dei tifosi, che hanno subito dimenticato Bremer.

    Torino, Schuurs è il degno erede di Bremer

    L’olandese non fa rimpiangere il brasiliano e questo è già un successo. Continuando di questo passo non solo diventerà un punto di forza del Toro, ma anche un giocatore di livello internazionale. Ovviamente anche per lui il discorso scivola sul derby di sabato. Tutti i granata sanno che un successo in questa partita valorizzerebbe una stagione che in questo momento non è esaltante come sembrava essere nelle prime tre giornate di campionato. «Tutti noi – conclude l’olandese – conosciamo l’importanza di questa partita. Dobbiamo a ogni costo sfoderare il nostro spirito battagliero per regalare una grande soddisfazione ai tifosi che sono eccezionali».  Ecco Perr Schuurs, uno che ha le idee chiare. Tra qualche tempo si prenderà il Toro perché ha qualità tecnico-tattiche che all’interno del gruppo granata nessuno possiede. Il prossimo passo, va da sé, è lasciare il segno nel derby.

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    Ex Toro e avversari: Verdi e Bonazzoli, pizza per due

    TORINO – (e.e.) Chiamatela la diplomazia della pizza. Salernitana-Verona finisce 2-1 nel recupero: roba da mandare in estasi i ragazzi di Nicola e i tifosi dell’Arechi; roba da mandare in depressione Cioffi e i suoi, un tantino in bilico e in crisi. Poi, alla fine, il gesto che spopola sul web: Simone Verdi e Federico Bonazzoli, due ex attaccanti del Torino, la scorsa stagione protagonisti assieme della salvezza della Salernitana, adesso su sponde opposte, si ritrovano nel tunnel degli spogliatoi, seduti, a condividere la pizza post partita. Avversari sì, ma con rispetto. E amici sempre.Iscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    Cairo, ma una punta per il Toro la compri?

    Basterebbe un Destro

    Una roba allucinante, sì, per ricorrere a un aggettivo caro a Juric per provare a spiegare l’inspiegabile. Che poi non è nemmeno inspiegabile, anche se a volte si fa davvero fatica a crederci: la verità è che il Toro – squadra composta da calciatori in parte di medio livello, in parte di livello basso, ma con un impianto di gioco brillante, coraggioso e fin troppo coerente in qualsiasi contesto agonistico – non ha un attaccante degno di tale definizione; di bomber, goleador, non parliamo nemmeno. Con quanto la squadra costruisce, basterebbe – le sarebbe bastata – un mestierante d’area di rigore (avversaria). Nei giorni scorsi, in vista della partita con l’Empoli, lo avevamo indicato più volte proprio in Mattia Destro: niente di che, ma comunque uno che quando sente – non necessariamente vede, come ieri, quando stava di spalle – la porta, sa comunque che cosa fare per creare i presupposti di un pericolo. Con Destro, un Destro qualsiasi, al posto dell’inconcludente Sanabria o del poco sereno Pellegri, entrato al posto del paraguaiano per l’assalto finale, ieri il Toro avrebbe vinto. Bon. Ma vinto largamente, eh. Anche invertendo i portieri, ma questo è un altro problema.

    Se ci si mette pure l’arbitro

    Comunque 20 tiri malcontati, di cui 7 in porta; un palo clamoroso a porta vuota; due gol annullati per fuorigioco in partenza di pochi centimetri; due terzi del totale di possesso palla; parate strepitose di Vicario su tiri a botta teoricamente sicura, a differenza di Milinkovic-Savic che avrebbe dovuto prenderne una, soltanto una, neanche tanto difficile e forte, e invece è andato nuovamente giù come un sacco di patate, goffo, senza spinta, senza slancio, su una rovesciata prevedibile stante la marcatura a due metri di Djidji. Poi, certo, il Toro si è innervosito, non ha più giocato bene come aveva cominciato, ma è anche comprensibile. Soprattutto contro un avversario che non solo si è difeso dall’inizio alla fine – legittimo, per quanto arcaico – ma ha perso una quantità di tempo pazzesca, complice un arbitraggio assolutamente funzionale a tale intento. Il signor Fourneau ha dato 5 minuti di recupero quando già 15 sarebbero stati pochi, e di quei 5 (con il Toro rivitalizzato dal pari al 90’) ne ha fatti giocare forse la metà. Quelli dell’Empoli, poco prima, avevano addirittura avuto il coraggio di contestare una mancata restituzione di palla dopo aver cercato di fare melina anche una volta che era stata loro ridata, dopo che l’avevano buttata fuori perché uno dei loro si era accasciato a terra per la seconda volta in pochi minuti, perdendone in totale almeno tre. A proposito: solo in Italia vige ancora questa consuetudine assurda, irregolare, quasi omertosa negli atteggiamenti da uomo d’onore dell’interessato di parte: la regola dice che soltanto l’arbitro è autorizzato a fermare il gioco, in caso di incidente palese o potenzialmente pericoloso per il sinistrato, tipo una botta in testa; non certo per crampi più o meno presunti o per stanchezza quasi sempre capziosa, cose che nello sport farebbero parte del gioco. Non nel calcio italiano, però, dove quando si perde ci si rialza in un amen anche se moribondi e quando si punta a mantenere il risultato si fanno (e si tollerano) delle sceneggiate indecorose. Di qui, al solito, la classica, tristissima gazzarra, tra sguardi torvi e minacce di ritorsione. Così da perdere ancora un bel po’ di altro tempo e consentire all’arbitro la sceneggiata finale di qualche inutile ammonizione a caso. Punto e a capo. Anzi, ancora no. Il signor Fourneau – come già il suo collega Ayroldi un mese fa a San Siro in Inter-Torino, che si era rimangiato il rosso a Sanabria per una sbracciata assolutamente ordinaria in un contrasto aereo con Calhanoglu – ha avuto bisogno di essere richiamato al Var per capire che lo stesso paraguaiano non aveva commesso fallo da espulsione sull’empolese Cambiaghi; per salvare in parte la faccia è passato dal rosso al giallo, ma in realtà non era nemmeno fallo. La verità è che ormai certi arbitri non vedono più, da soli, manco le cose più evidenti, le dinamiche di gioco fisico più elementari, basilari nel calcio; perfino sui calci d’angolo sbagliano con una frequenza impressionante, non ravvisando deviazioni evidenti anche solo dal “rumore” del pallone, oltre che dalla sua traiettoria.

    20 occasioni, un gollonzo

    E la verità, tornando al Toro senza un mestierante del gol, è che – ribadiamo per l’ennesima volta – mai come quest’anno sarebbe bastato davvero poco a Cairo per far diventare il lavoro di Juric un’opera ambiziosa e non la solita incompiuta. Undici punti in 9 partite, per una squadra che gioca sostanzialmente sempre all’attacco, perfino quando dovrebbe darsi una calmata e ragionare un po’, ma ha segnato fin qui la miseria di 8 reti, sono per certi versi un miracolo. Come, paradossalmente, quel gollonzo di Lukic. Episodio che in sede di consuntivo non si capisce bene se faccia più ridere o piangere; di sicuro, alimenta più la rabbia che non un senso di sollievo. Basti dire che perfino Zanetti, tecnico dell’Empoli, pur raggiunto allo scadere ha avuto l’onestà di ammettere che gli era andata di lusso e basta. Né dà sollievo vedere il Toro che per una volta nel finale l’aggiusta parzialmente anziché rovinarla. Perché il calcio, anzi una squadra di calcio, dovrebbe essere un’altra cosa. Dovrebbe avere intanto una spina dorsale razionale e solida – con elementi affidabili almeno nei 3 ruoli chiave: portiere, perno di centrocampo, punta – e poi fare il resto in base alle idee di gioco e alle qualità tecniche e atletiche degli interpreti a disposizione. I quali invece, nel caso di Juric (ancora in tribuna per squalifica e sostituito da Paro) spostano un po’ più in là il teorema: non hanno la minima idea di cosa debbano fare al momento del dunque; proprio non conoscono l’abc del gol. Arrivano tipo in tre/quattro al limite dell’area, di gran carriera dopo fraseggi veloci e ficcanti, con almeno uno di loro libero, e tu pensi: ok, stavolta lo fanno, dai. E invece niente: sempre la scelta o l’esecuzione sbagliata. Mai l’individuazione del corridoio giusto dove far filtrare il pallone, anche quando la giocata si prospetta elementare, basica. Fino all’anno scorso almeno c’era Belotti a togliere qualche castagna dal fuoco dei consueti mercati insufficienti; adesso, nessuno. Un bel mazzo di trequartisti e mezze punte, alcuni pure promettenti e sovente brillanti, ma non uno che abbia chiaro in testa il concetto fondante del calcio: bisogna buttarla dentro, o quantomeno provarci, senza troppi ti-tic e ti-toc, riserve mentali, giocate frufrù.

    Rinforzi? Silenzio

    Sabato c’è il derby, contro la Juve più disastrata di questi ultimi anni. Al netto del classico granatismo, cioè pessimismo cosmico dei tifosi del Toro, per cui “vedrete che si risolleveranno contro di noi” oppure “tanto in qualche modo perderemo pure questa, come al solito da 17 anni a questa parte”, la questione deraglia nella solita, frustrata, disperata domanda: Cairo, ma almeno a gennaio un attaccante che possa sostituire il Gallo perduto lo prende? Gliel’hanno chiesto, all’uscita dallo stadio. Ovviamente, non ha risposto. Che gliene importa, in fondo, a lui? Il decimo posto, la sua stella polare, tanto è sempre lì.

    Lo scorso agosto, alla corte del presidente più inviso della storia granata, si erano risentiti per il 5 e mezzo dato da Tuttosport in pagella al mercato estivo del Torino FC, invece esaltato da altri media. Era un voto sbagliato, ingiusto, erano stati pronti a lagnarsi e a rinfacciare dopo le prime due vittorie contro le neopromosse. Avevano ragione. Era troppo alto. LEGGI TUTTO