TORINO – Dal buio delle stagioni in Serie B alla luce dell’ultimo trionfo granata, la Coppa Italia di Mondonico nel 1992/1993, Giorgio Venturin con la maglia del Torino ha vissuto un caleidoscopio di situazioni e di emozioni. E oggi, con il cuore dell’ex e l’occhio dell’osservatore federale, guarda con interesse alla creatura che Juric sta forgiando da oltre un anno. «La mano del tecnico è evidente, la sua impronta è chiara: il Torino ha un’idea di gioco ben precisa, come ce l’aveva avuta anche il Verona in precedenza – l’analisi dell’ex centrocampista, sbocciato proprio nel vivaio granata negli anni Ottanta – Juric porta avanti da anni un calcio molto riconoscibile, in cui ogni pedina sa cosa l’allenatore voglia da lui. Poi riuscire a rispettare ogni consegna nel dettaglio è un altro paio di maniche, come si suol dire, ma mi sembra che il gruppo abbia anche la giusta personalità per farlo».Giorgio Venturin, a proposito di personalità: chi ha raccolto la pesante eredità lasciata in estate dai vari Belotti e Bremer?«Tutti e nessuno, nel senso che non mi pare ci sia un singolo dominante in questo contesto. Ma è il collettivo, come sempre con Juric, a fare la differenza. Numeri e schemi sono importanti, certo, ma oltre un certo segno non arrivano: a quel punto, contano gli uomini e la loro interpretazione dei concetti cari all’allenatore».E come sta il Torino, in questo senso?«Bene, perché ha elementi di livello che possono far sperare in un campionato che vada oltre l’ambizione più basilare di una tranquilla salvezza. Tra tutti, quello che mi ha impressionato di più finora è stato sicuramente Vlasic: è un giocatore di qualità, che può consentire alla squadra di fare un bel balzo in avanti».Fino a che punto, pensando alla classifica al termine della stagione?«Questo Torino ha tutte le carte in regola per disputare un campionato da primi dieci posti e restare agganciato al treno Europa. Poi, in primavera, si vedrà: quest’anno è un grande mistero, in sostanza si disputeranno due differenti annate in una. Può davvero succedere di tutto».
Quindi non si sbilancia neanche nella lotta per lo scudetto?«Il pronostico, quest’anno, è più difficile dello scorso, quando comunque l’Inter sembrava lanciata verso il successo. Di sicuro ci sarà equilibrio fino alla fine, con almeno tre o quattro squadre in corsa: un bene per il prodotto Serie A, dopo troppi anni dall’esito scontato. Nel novero delle pretendenti vedo sicuramente le due milanesi e quel Napoli che, anche cambiando, ormai ha trovato il suo posto stabilmente ai vertici. Poi, dietro, dipenderà da tanti fattori: la Roma avrebbe bisogno di più continuità, la Juventus è già attardata ma ha una rosa molto importante. E anche l’Atalanta mi ha destato un’ottima impressione, però nei momenti cruciali ha sempre finito per dimostrare di aver qualcosa in meno rispetto alle altre».Il Torino può infilarsi subito dietro le grandi, dunque?«Perché no, anche se in questo momento forse al gruppo manca ancora un po’ di convinzione per crederci sempre fino all’ultimo. Prendo come esempio la gara di San Siro con l’Inter: l’ha addirittura persa allo scadere, ma persino con un pareggio sarebbe dovuto uscire dal campo con dei rimpianti».Cosa la induce a pensare positivo, al contrario?«La condizione atletica della squadra, che mi pare eccellente anche al di là delle difficoltà causate dagli infortuni. La forma del collettivo, in un calendario congestionato come quello di quest’anno, farà sicuramente la differenza. E la sta già facendo».Il principale problema di questo avvio di stagione risiede probabilmente nella difficoltà a trovare il gol: si tratta di una lacuna a livello di organico?«Non credo, personalmente ritengo Sanabria e Pellegri degli ottimi elementi. Certo: il paraguaiano non ha il gol che scorre nel sangue, ma ha una capacità di far reparto, di muoversi senza palla e di far salire la squadra che riscontro in pochi altri attaccanti».E Pellegri?«È stato condizionato un po’ dalla sfortuna per i tanti infortuni e forse anche un po’ da scelte sbagliate che gli hanno fatto perdere del tempo, ma si tratta pur sempre di un ragazzo del 2001: i presupposti restano molto importanti. Ha anche il gol nelle corde più di Sanabria, il suo fiuto è evidente fin dai tempi del Genoa: con il modulo di Juric sarà raro vederli in campo insieme, ma credo che assicurino dei buoni propositi per il proseguo della stagione».Quanto pesa la defezione estiva di Belotti, in questo discorso?«Il Gallo farebbe comodo a qualunque squadra, come farà molto comodo alla Roma quest’anno anche se è arrivato all’ultimo e a corto di preparazione. Fa specie vederlo in campo con una maglia diversa da quella granata, ma le bandiere nel calcio moderno vengono ammainate sempre più spesso. E poi le carriere, rispetto ai miei tempi, oggi sono più lunghe: prima o poi capita l’occasione per cambiare aria. E, nel suo caso, è stata anche una scelta lecita, visto che oggi il livello della Roma è superiore a quello del Torino. Resta il rammarico per un addio condito da troppi silenzi».Chi sarà il prossimo uomo di riferimento per questa squadra?«A me piace molto Buongiorno. Perché è cresciuto nel vivaio e perché è uno dei pochissimi italiani in rosa, ma anche per le qualità che sta effettivamente mostrando in campo. C’è un velo di tristezza nel constatare che sia l’unico prodotto del settore giovanile arrivato in prima squadra negli ultimi anni, quando anche i grandi club stanno invertendo la rotta e proprio il Milan con l’ex granata Pobega lo dimostra. Ma è un problema generale, come ribadito da Mancini in questi giorni».Da centrocampista a centrocampista: chi la stuzzica di più nella mediana granata?«Credo molto in Ricci, che è giovane e ha ancora grandi margini di miglioramento: ha la regia dentro, anche se all’occorrenza può agire da mezzala. Il salto dall’Empoli al Torino non è banale, quindi è normale sia servito un periodo di assestamento. Ma quest’anno potrà prendere sempre più le redini della squadra».E il non più capitan Lukic?«Quanto successo in estate è stato chiaramente un errore, una forzatura probabilmente nata da un consiglio sbagliato. Se la situazione è stata ricomposta dalla società senza drammi, però, immagino che le colpe non si sommassero tutte da una sola parte. L’epilogo è stato comunque positivo per il Torino, perché il ragazzo è di prospettiva e ha i tempi di gioco per agire davanti alla difesa. Anche se, per caratteristiche e movenze, lo vedo come una pedina un po’ più offensiva». LEGGI TUTTO