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    Torino, Izzo: da pilastro a comparsa da liquidare

    Erano arrivati a chiamarlo Armandinho, i tifosi del Toro. Come fosse un brasiliano, quasi un fantasista o un goleador anziché un bravo, tosto, tecnico difensore. E poi il vezzeggiativo denotava affetto per la persona, non solo stima per il giocatore, perché i soprannomi gratificanti si danno a chi si vuol bene e si ritiene speciale, altrimenti lo si chiama per cognome o nome e bon. E in effetti speciale lo era, l’Armando Izzo approdato in granata nell’estate 2018 dal Genoa, dove manco a dirlo aveva avuto proficuamente a che fare con Ivan Juric, allenatore rossoblù un po’ ballerino (fra entrate, uscite e ritorni) di quelle stagioni. Marcava, lottava, impostava, attaccava, addirittura segnava: memorabile un gol di testa all’Inter per il lancio definitivo della squadra allora di Mazzarri – col quale era titolare fisso – verso quel 7° posto che portò al preliminare (infausto) di Europa League contro il Wolverhampton. […]

    Il rapporto complicato con Juric

    […] In estate arriva Juric e tutti a pensare: perfetto per la difesa a 3, Izzo sarà pietra miliare del nuovo progetto tecnico, figurati; lo aveva a Genova, lo conosce e lo apprezza. Per carità: un precampionato in cui dietro le quinte succede qualcosa, complice un primo infortunio, una panchina inattesa a Rennes, parole al vetriolo di Ivan il Credibile, in pubblico («scelta tecnica») e soprattutto in privato. Contesto nel quale si sussura che le divergenze siano state piuttosto calde. Non hai più fame, ti sei imborghesito, non ti riconosco più, il senso edulcoratissimo dei rimproveri del suo ex mentore. […]

    Quei post sui social media

     […] Già aveva generato diversi imbarazzi negli anni precedenti – Armando è un istintivo: gli veniva un’idea, leggeva una citazione, o gli piaceva una foto particolare, e ci faceva un post – perché spesso sbagliava i tempi della pubblicazione, magari quando l’attività stampa era sospesa per via dei risultati negativi. Al punto da vantare un anomalo e probabilmente irraggiungibile record di post messi in rete e poi rimossi, cancellati, oscurati, corretti. Tipo quella volta, estate 2020, che sembrava dovesse andare alla Roma e postò fiamme giallorosse che parevano preludere a un trasferimento. […] O il like messo al commento di un follower che accusava tutti di incompetenza per le sue esclusioni. […]

    L’idea di scambio con Kumbulla

    […] Domenica si gioca a Roma, lo attende forse un’altra panchina. Magari il Torino riproverà ad allacciare certi discorsi. Là c’è quel Kumbulla che garba poco a Mourinho e giocava benissimo con Juric a Verona: che dite, a gennaio? Che peccato, Armandinho.

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    Toro, la punizione-gol manca da quasi cinque anni: l'ultima fu contro Juric

    Genova, 21 maggio 2017. Quattro anni e mezzo fa. Adem Ljajic, talentaccio serbo dai piedi fatati, da sinistra fa partire un destro indirizzato verso il primo palo ma che s’impenna sulla schiena di Veloso e va a cadere dall’altra parte della porta di Lamanna. È un gol che non evita al Torino una sconfitta per 2-1 di rara bruttezza (ricordiamo l’imbarazzo di Lombardo, vice dello squalificato Mihajlovic, nel commentarla). Ma è, soprattutto, l’ultimo gol del Toro su punizione diretta. Senza deviazioni, due settimane prima (6 maggio), sempre Ljajic: sublime parabola nel derby della Continassa a lasciare impalato Neto, sostituto di Buffon, e tutti gli juventini. […]

    Gli ultimi tentativi non sono stati all’altezza

    […] Gol su punizione? No, grazie. Almeno non nel senso cui il Toro è chiamato a ridare un senso. Per carità, nel calcio moderno la squadra granata non ha mai più avuto stoccatori di alto livello e prolificità (gli ultimi di una certa pregiatezza sono stati Junior, Scifo e Policano; dopodiché ci fu Rosina, però in un Toro minore), ma di qui a non pigliare mai la porta o addirittura nemmeno a provarci ce ne dovrebbe passare. E invece. Negli ultimi anni qualche tentativo di Belotti (tanto faceva tutto lui), Baselli e Rodriguez (per lo svizzero un paio di traverse), una serie imbarazzante di errori del succitato Verdi (che invece a Bologna ne segnò perfino due in una partita sola, di destro e di sinistro). […]

    Il tecnico granata ci lavora su

    […] Anche Juric ha capito di dover dedicare un’attenzione particolare a questo dettaglio negli allenamenti. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi, non si può prescindere da un certo numero di punti portati dagli specialisti. Già che si segna avanzando in gruppo come verso una meta, è il caso di mutuare dal rugby anche il ruolo del trasformatore di piazzati. Gente coi piedi buoni adesso c’è: Brekalo, Praet, Pjaca; poi – quando rientreranno – Ansaldi e lo stesso Rodriguez. Ma va bene anche la legnata dritto per dritto di un terzino o di un mediano, eh, o del Gallo. A meno di non voler davvero affidarsi a Milinkovic-Savic e alle sue voglie matte di scoprirsi portiere-bomber alla Chilavert o alla Rogerio Ceni.

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    Toro, Belotti sedotto dalla cura Juric: ora pensa al rinnovo

    La decisione ultima non è ancora stata presa, ma una cosa è certa: l’andamento del Toro, più rock che lento per dirla alla Celentano, sta stimolando nuove riflessioni in Andrea Belotti. La situazione è conosciuta dai più, se non da tutti: il Gallo è in scadenza di contratto e sta vagliando la proposta di Cairo che offre al capitano granata un adeguamento a 3,3 milioni netti l’anno, con durata fino al 2025 (al momento dell’eventuale firma al centravanti sarebbe corrisposto un ulteriore milione).

    Il rapporto con Juric

    Fin dall’estate il rapporto instaurato dal numero 9 con Juric è stato limpido. Il tecnico croato è partito con un appello: «Belotti deve farmi sapere se vuole andare in battaglia con me ed essere il nostro capitano». Dopo un confronto aperto tra i due l’allenatore ha successivamente parlato così: «Non andrà via a gennaio e non firmerà: resterà con noi fino al termine della stagione e poi vedremo». Per ascoltare le prime parole del Gallo si è dovuto attendere il centesimo gol messo a segno in Serie A dall’attaccante. avversaria la Samp: «Con il mister sono stato chiaro e diretto fin dal primo giorno in cui ci siamo parlati. Ho manifestato la volontà di rimanere, dopodiché saranno fatte le valutazioni e prese le decisioni. Questo è il mio settimo anno al Toro, ho un’età che rappresenta un crocevia importante e voglio ponderare la scelta» […]

    Le sensazioni del Gallo

    […] Intanto la certezza che il nuovo corso granata stia piacendo al Gallo emerge da segni più o meno sottili. Il rapporto con la tifoseria rimane di puro amore in entrambe le direzioni, ma è con il linguaggio del corpo – e in tal senso Belotti è un libro aperto – che si comprende il piacere con il quale l’attaccante gioca in questo Toro. L’ultima immagine al gol di Brekalo, quando il centravanti ha festeggiato come se a scoccare quel meraviglioso tiro fosse stato lui. Ma anche i tratti del viso, la corsa di nuovo generosa, restituiscono sensazioni positive. Ben più, ad esempio, di quelle trasmesse nelle recenti apparizioni con la Nazionale. […] Il giocatore di Calcinate vuole pesare al meglio pro e contro: per lasciar andare l’amore di una piazza che lo adora, la proposta di un club terzo dovrà convincerlo sotto tanti punti di vista. Forse tutti, tranne quello affettivo: un altro legame come quello con la tifoseria granata è ben arduo da costruire.

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    Toro, boom Milinkovic: la promessa di Juric per le punizioni

    TORINO – In questo momento si parla più di lui che del fratello Sergej, campione della Lazio, centrocampista che tanti top club vorrebbero avere. Si parla di Vanja Milinkovic-Savic, il portierone (202 centimetri d’altezza) del Toro che sta entusiasmando e conquistando tutti con i piedi, le mani e la testa. Ha convinto addirittura Juric (la scorsa estate scettico come quasi tutti): dopo la vittoria con l’Udinese, il tecnico ha esaltato il suo gigante per le tre grandi parate e quel lancio di 50 metri sulla testa di Belotti che ha innescato l’azione del gol di Brekalo. Ammettendo, con la consueta schiettezza: «All’inizio eravamo dubbiosi sulle sue qualità. La scelta di promuovere Vanja è stata decisa dal direttore Vagnati con il consenso del preparatore Di Sarno. All’inizio a livello tecnico era un po’ carente, ma Paolo con lui è stato bravo, ha lavorato molto, correggendo alcuni difetti. Ora deve continuare così, ha doti importanti, sa che questa è la sua grande occasione». Frasi al miele che arrivano da un tecnico che dice sempre quello che pensa. […]

    Il serbo e le punizioni: il patto con Juric

    […] Oltre ad essere migliorato tra i pali è diventato ancora più forte e preciso con i piedi. Il suo tiro è potentissimo, in allenamento si diverte a calciare punizioni (che spesso segna) e rigori che non sbaglia mai. Il suo grande desiderio è quello di battere una punizione in campionato e fare gol (in Coppa Italia ha già preso una traversa, contro il Carpi). Per questo insiste con Juric e i compagni. Vuole segnare. E alla fine ha ottenuto una mezza promessa: appena sarà possibile, magari a fine partita con risultato acquisito, oppure in svantaggio a tempo quasi scaduto, gli verrà concessa questa possibilità. Del resto lo ha ben detto lui, che è pronto a giocare in qualsiasi ruolo. Anche centravanti. Di testa nel finale ci ha già provato. Su calcio piazzato, con una sventola delle sue, non vede l’ora. 

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    Toro, Vagnati in Brasile: caccia al terzino

    TORINO – Passaporto, prego. Dall’Argentina al Brasile: Vagnati va avanti nel tour in Sud America, mentre Cairo, camicia sbottonata e ciuffo suadente, posta un selfie compiaciuto. Buon umore e sguardo diciamo sognante: sarà per le notizie del gruppo? Il CdA di Cairo Communication ha approvato i conti aggiornati al 3° trimestre di quest’anno: utile di 28,8 milioni, contro la perdita di 11,4 del 2020 (stesso periodo). Morale: forza Juric, pensaci tu. Fuori la grana per gennaio? Uei raga, calma: par di sentirlo. In estate ci sarà Mandragora da pagare e Brekalo da riscattare, e poi chissà Praet e Pjaca: altri prestiti da convertire? Dipenderà dal rendimento e dal numero di infortuni. Con Cairo, il botto dei conti non partorirà chissà che acquisti plurimilionari. Però manovre in entrata si registreranno di certo. Tutti d’accordo con Juric: Vagnati sta cercando all’estero un esterno sinistro. Per ora il panorama italiano non offre una via di mezzo tra Aina e Ansaldi a costi accettabili. Gli esuberi altrui o non convincono granché o sono cari. Si cerca un mancino con doti atletiche di stantuffo, vocazione offensiva, piedi buoni e il dribbling per amico. La Coppa d’Africa porterà via il nigeriano per un mese a inizio anno e probabilmente anche Singo, ammesso che l’ivoriano vinca i ballottaggi e torni a essere convocato (a ‘sto giro è rimasto al Fila). Ansaldi ha 35 anni e i muscoli di cristallo. E Vojvoda resta un’onesta riserva. Juric ha chiesto un fluidificante (almeno uno) da prendere «assolutamente, sicuramente»: gli avverbi sono suoi. Vagnati è andato in Sud America con questa priorità: vedi, per esempio, la visione nei giorni scorsi di Francisco Ortega del Velez. […]

    Torro, occhi su Fausto Vera

    Proprio nella capitale il dirigente è stato poi visto nel quartier generale dell’Argentinos Juniors: la fuga di notizie è risultata… comoda per i media sudamericani più vicini al club sudamericano. Il nome in ballo? Fausto Vera, 21enne argentino già trattato nell’estate del ‘20 quale alternativa giovane a Torreira, il preferito di Giampaolo. Da Buenos Aires emerge un altro fatto significativo: Vera, che sta uscendo da un infortunio (frattura della mandibola: da tempo è out, ma sta per tornare in azione), ha scaricato i vecchi procuratori (ricordate le supercommissioni dell’anno scorso, che fecero schizzare il prezzo a quota 10 milioni?) e si è ora affidato al gruppo inglese Stellar, sul podio nel mondo per numero di transazioni internazionali e fatturato. Miracolo: il prezzo si è quasi dimezzato, complice anche la prolungata uscita di scena dai campi del nazionale under 23.

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    Con Mattarella nasce il PalaSermig. Olivero: “Juve e Toro, venite da noi”

    Combattere la fame e le grandi ingiustizie, costruire la pace, sensibilizzare l’opinione pubblica davanti al dramma dei poveri, degli emarginati. Di qualunque angolo del mondo, di qualunque età, religione, sesso. Tutti uguali. Tutti, sempre. Madre Teresa di Calcutta, santa in vita e Santa dopo la morte, propose Olivero come candidato per il Premio Nobel per la Pace. Oggi, Olivero riceverà per la sesta volta (pensate: sesta volta, più anche un incontro a Roma) il nostro (grande) Presidente della Repubblica, da stamane a Torino per un paio di giorni tra diversi impegni istituzionali. Stamane alle 11 Sergio Mattarella inaugurerà il PalaSermig, un palazzetto polivalente da 420 posti omologato Coni per futsal, basket e volley. Una nuova struttura sportiva nata non lontano dall’Arsenale della Pace, che del Sermig è dal 1983 il cuore pulsante (e accogliente: davvero in ogni aspetto, nel senso che è un luogo che accoglie i corpi e le anime, ospita tutti i bisognosi). Il PalaSermig sorge in via Carmagnola 23, in una zona della città, tra i quartieri Aurora e Porta Palazzo, che versava nel degrado. E dove il concetto di vita facile non esiste. praticamente mai. Utilizzata già da settembre, da oggi inaugurata, questa nuova struttura polifunzionale è un polo sportivo aperto a tutti, a cominciare dalle 6 squadre di calcio a 5 e dalle 2 di volley dell’Asd Sermig. Ma il progetto sportivo del Sermig, nato nel 2011, si allargherà anche al basket, presto. E al desiderio di ospitare pure corsi didattico-sportivi, per esempio per tecnici e arbitri. L’obiettivo è “restituire lo sport” alle famiglie più fragili grazie a volontari, allenatori e professionisti che anche nello sport donano il loro tempo e le loro capacità.

    Volontariato. Mani che si allungano e si offrono. A chi non ha i mezzi economici. A oggi sono già 150 gli atleti che soltanto grazie al Sermig hanno avuto la possibilità di fare sport, perché gratuito in base al reddito. «In tutti questi anni abbiamo capito che lo sport è uno strumento incredibile per diffondere tra i più piccoli i valori del rispetto, della convivenza, dell’amicizia, dell’inclusione. Il PalaSermig ne è la casa, come un nuovo Arsenale dello Sport. Siamo felici che il Presidente Mattarella abbia scelto ancora una volta di essere con noi. Viviamo tutto come un’occasione per crescere nella responsabilità». Noi di Tuttosport siamo orgogliosi e felici di aver contribuito, dopo la tragica alluvione del 2000. Di aver dato una mano concreta al Sermig (l’Arsenale della Pace fu devastato dall’acqua della Dora Riparia esondata) e alla Valle D’Aosta, con l’organizzazione di un derby benefico e altre iniziative connesse per recuperare fondi, oltre 600 milioni di lire (all’epoca non c’era ancora l’euro). Oggi saremo spettatori sempre felici, e anche giustamente umili, davanti a Olivero, al suo mondo di volontari e al nostro amato Presidente della Repubblica.

    «Il PalaSermig è nato in un’area della città dove c’erano più siringhe che fogne. In pochi mesi è stato costruito, abbastanza in fretta. Una decina di mesi appena, grazie a donazioni e all’impegno nel volontariato. Chi ci ha offerto intelletto e mano d’opera, dall’ingegnere al muratore, chi mattoni, chi risorse. Nell’Arsenale della Pace accogliamo e aiutiamo donne, uomini, bambini e famiglie di 30 nazioni diverse. Il Sermig è il cuore di Torino che vuole bene a tutto il mondo. Nessuno deve sentirsi straniero nella terra di Dio. Siamo tutti stranieri, nell’Arsenale della Pace. E quindi nessuno lo è. E tutti dovremmo sentirci un po’ più stranieri, nella vita»: e comprendiamo al volo che questa frase, questo messaggio è rivolto a tutti noi, a tutti noialtri fuori.

    Gli diciamo: se non ricordiamo male, nel 2000 l’alluvione vi arrecò 2 miliardi di lire di danni, le vostre strutture furono devastate. «Oltre 2 miliardi, sì». Riprendiamo la parola: allora, Olivero, le chiediamo quale sia secondo lei la più grande alluvione, oggi nel 2021, a Torino e nella nostra cara Italia. Con i suoi pregi enormi, ma anche con i suoi difetti persi no terribili. «L’indifferenza e l’odio», ci risponde immediatamente. L’indifferenza e l’odio: la più tragica alluvione del giorno d’oggi, nel nostro mondo di Paese comunque privilegiato globalmente, ma con nel suo seno crescenti fette di popolazione sempre povere o sempre più povere. E con popoli in marcia o sulle onde del Mediterraneo, emigranti, che chiedono aiuto, perché nulla o quasi nulla hanno se non la speranza. L’odio e l’indifferenza, «la più grande alluvione di oggi». Una peste. E non perché siamo in tempo di Covid. E’ una peste del cuore.

    «Un tempo uscivamo dall’Arsenale della Pace con i nostri bambini, perché dentro non avevamo spazi per farli giocare. Ora avranno il PalaSermig»: naturalmente con accessi facilitati anche per chi è portatore di disabilità fisiche. «Sarà come sempre emozionante incontrare il Presidente della Repubblica. Il primo che ricevemmo fu Sandro Pertini nel 1984. Venne a inaugurare l’Arsenale della Pace»: dopo anni di richieste, il Comune aveva concesso al Sermig (a Ernesto, Maria, amici e volontari che già da 20 anni si impegnavano concretamente per i bisognosi della città) parte delle strutture del vecchio Arsenale militare dell’Ottocento, situato in Borgo Dora, all’epoca uno dei quartieri più poveri e malfamati di Torino. Con l’aiuto di migliaia di giovani volontari provenienti da tutta Italia, il Sermig restaurò interamente l’edificio, da decenni fatiscente. E nacque così l’Arsenale della Pace: quarantamila metri quadrati di accoglienza e generosa solidarietà. «Chi tocca Olivero tocca me», disse Pertini, che ovviamente già conosceva bene il Sermig. «Andrò a inaugurare l’Arsenale, annunciò. Aprile ’84. Da allora, tutti i Presidenti della Repubblica sono venuti a trovarci. Per il Presidente Mattarella sarà addirittura la sesta volta. Noi una volta andammo da lui, ci volle al Quirinale: con tutti i nostri bambini al fianco».

    Ha 81 anni, Ernesto Olivero. La sua vita, oggi? «Come è sempre stata. Impegnato 20 ore al giorno». Noi, qui a Torino, abbiamo sempre intravisto nell’impegno del Sermig (così come del Gruppo Abele di don Luigi Ciotti) un filo rosso giunto e srotolato fino ai nostri tempi nel solco dell’eredità e dell’insegnamento dei grandi Santi Sociali della città in epoca industriale, nell’Ottocento. Da città a metropoli. E, ieri come oggi, migliaia di persone povere, bisognose, emarginate.

    Ricordiamo insieme a Olivero l’alluvione di 21 anni fa. «Finimmo tutti distrutti. L’acqua ci arrivò fin quasi all’altezza della testa, nell’Arsenale. Tutto il quartiere fu inondato dalla Dora. Dissi subito: prima gli altri, poi noi. Mettemmo in sicurezza i nostri ambienti, le nostre due o tre caldaie più a rischio, e poi uscimmo per strada. Andammo tutti ad aiutare la gente del quartiere a svuotare le case inondate di acqua e fango. Un disastro». Oltre 2 miliardi di lire di danni, per l’Arsenale. Tuttosport, con il derby benefico e le altre iniziative connesse di solidarietà, riuscì a recuperare 600 milioni di lire. Metà per gli alluvionati della Val d’Aosta, metà per aiutare il Sermig a far rinascere nell’Arsenale della Pace. «Vi saremo per sempre grati», ci dice Olivero. A tutti noi di Tuttosport si accappona la pelle, a sentire queste parole. «La nostra parte, comunque, la dividemmo con le famiglie alluvionate del quartiere. Per noi utilizzammo solo 17 milioni di lire»: sempre per la rotta morale del prima gli altri, e dopo noi. Olivero lo ripete sempre da 60 anni: «Dividi, per moltiplicare. Dividi, e moltiplichi».

    All’epoca, Torino e Juventus raccolsero con immediata disponibilità il nostro appello. Applaudimmo tutti. Ecco, per cui chiediamo a Olivero quale nuovo appello, oggi, rivolgerebbe lui ai due club, attraverso Tuttosport. Oggi, 12 novembre, con il Presidente Mattarella ancora una volta a fianco del Sermig. Cosa vorrebbe dire ai due presidenti di Torino e Juventus, Olivero? La risposta, di getto: «Mi piacerebbe che venissero insieme nel nostro Arsenale della Pace. Ma non soltanto i due presidenti. No, con tutti i dirigenti e i giocatori, tutti assieme, in modo da poter ospitare due grandi famiglie che 21 anni fa ci furono amici, al fianco. Ci piacerebbe che le due squadre venissero da noi accompagnati da voi di Tuttosport per vedere che cosa è nato a Torino. E sono convinto che per molti ragazzi, per molti giocatori sarebbe una sorpresa assoluta. L’Arsenale nacque nel 1983 grazie a incredibili atti di generosità di un numero eccezionale di persone. Se le due squadre entreranno da noi, ci faranno visita, saranno sicuramente toccate. Si emozioneranno. Diranno che a Torino ha vinto la scelta di una bontà che disarma tutto. L’odio è sempre più diffuso, nella nostra società occidentale. Dobbiamo combatterlo, come l’indifferenza. Dobbiamo fare in modo che la luce della bontà squarci il buio. Dobbiamo aiutare la gente, l’opinione pubblica a diventare attiva nel compiere atti positivi. Non bisogna puntare sul buonismo una tantum, ma su un percorso di bontà». E’ sempre per tutti noi, questo messaggio di Olivero. «La bontà è disarmante, dobbiamo saperlo. E praticarla. Vengano da noi le due squadre. Vengano nell’Arsenale a interrogare le persone che vivono qui, che lavorano da noi. Decine di migliaia di persone sono venute a visitarci in questi anni. Vengano anche le due squadre di Torino, ora. Siamo parte di una Torino buona: i giocatori vengano a vedere con i loro occhi se è vero».

    E’ un appello meraviglioso. Sentiamolo tutti sulla nostra pelle: andiamo a emozionarci, facciamoci rapire dall’emozione, impariamo una lezione, poi cerchiamo di metterla in pratica, ciascuno secondo le proprie possibilità. E’ un messaggio evangelico, senza distinzioni. Dettato da una persona che a un certo punto, da giovane, nel pieno di una crescente carriera ad alto livello dirigenziale sino all’impiego nell’istituto bancario San Paolo, decise di svestire i panni del quotidiano. E anche lui, a suo modo, indossò un saio. Un’opera santa, ecco come intendiamo il Sermig. Se Madre Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II si legarono a Olivero offrendo un’amicizia sincera, dobbiamo fermarci sulla soglia del celeste, secondo noi. Il patriarca di Gerusalemme volle Olivero come mediatore per trovare una soluzione al terribile, tragico assedio alla basilica della Natività di Betlemme, nel 2002. Olivero contribuì a seminare la pace anche lì. La bandiera del Sermig, immagine celebre da tanti anni, campeggia in tutte le Case create nel mondo seguendo le orme di Madre Teresa di Calcutta: fu lei a deciderlo, pochi giorni prima di morire, quando volle incontrare ancora una volta Olivero in Italia, prima di tornare in India.

    Ci dice: «A 81 anni, se mi volto indietro, dico che ho sempre vissuto con pienezza. Ho accettato sia i consigli sia le difficoltà. Ho fatto sempre il mio possibile. Non ho rimpianti, non potrei averne: ho dato tutto me stesso e tutto darò sino alla fine. E’ la mia soddisfazione maggiore: non essermi risparmiato, di fronte all’altro che ha bisogno di aiuto. Sempre guardando negli occhi le persone. E lasciandomi guardare. Non ho mai trattenuto neanche un’emozione per me. Anche l’emozione l’ho sempre condivisa con gli altri. Noi del Sermig abbiamo sempre fatto tutto il nostro possibile. Ma non deve mai essere motivo di vanto. Bisogna guardare oltre, sempre. Io ragiono così. Ho sempre ragionato così. Noi siamo cresciuti proprio grazie all’imprevisto. L’imprevisto è diventato la nostra storia. E quindi diremo sicuramente di sì quando il prossimo imprevisto verrà a bussare alla nostra porta. Da qualche anno ho scelto anche di dismettere tutte le cariche che per tantissimo tempo avevo avuto come fondatore del Sermig. Do il mio servizio lo stesso, anche se sto di lato. Lo faccio volentieri, non ho mai avuto la mania di stare al primo posto, neanche quando ero dirigente di banca. Di mia spontanea volontà mi metto al servizio degli altri. Ho sempre davanti l’idea che amare e rispettare l’altro possa anche risultare difficile, tante volte, ma più le cose sono difficili, più bisogna provarci. Me lo ricordava sempre Madre Teresa. E anche adesso penso che mi guardi e mi accarezzi il volto, prima di appoggiare le mani sul suo cuore: faceva sempre così da viva, quando mi incontrava. E se l’alluvione di oggi è rappresentata dall’indifferenza, dall’odio, allora quella Torino tante volte alluvionata per ragioni diverse può diventare un grande esempio di umanità».

    Copiamo e incolliamo per chiarezza esplicativa ed esigenze di sintesi: “Dal 1996 la fraternità del Sermig opera anche in Brasile con l’Arsenale della Speranza per l’accoglienza del popolo della strada di San Paolo e dal 2003 in Giordania con l’Arsenale dell’Incontro, luogo di accoglienza per giovani portatori di handicap e di dialogo fra persone di diversa provenienza e fede. All’Arsenale della Pace di Torino si totalizzano ogni giorno 1.500 ore di volontariato. La struttura costituisce un punto di incontro tra culture, religioni e schieramenti diversi per conoscersi, dialogare e cooperare, fornendo anche ospitalità e sostegno a famiglie bisognose, madri sole, carcerati, stranieri, poveri che hanno bisogno di cure, di casa, di lavoro. E’ inoltre un luogo di preghiera, dove chiunque può sostare e riflettere. In quarant’anni il Sermig – Arsenale della Pace ha portato avanti 2.100 progetti di sviluppo al servizio delle comunità più povere di quasi un centinaio di Paesi del mondo, azioni continue di solidarietà, di ricerca di dialogo tra culture e religioni diverse. A partire dagli Anni Novanta l’Arsenale della Pace si è aperto all’incontro con giovani provenienti da tutta Italia e dall’estero, proponendo innumerevoli esperienze di condivisione, di solidarietà e di sensibilizzazione sulle tematiche care al Sermig. Sono stati sostenuti complessivamente 2.500 progetti di sviluppo in 88 Paesi del mondo”.

    Ventiquattro ore su ventiquattro, il Sermig esiste dal 24 maggio del 1964: 20.991 giorni. L’Arsenale della Pace, aperto il 2 agosto del 1983, accoglie il mondo intero da 13.982 giorni. Al termine della nostra chiacchierata con Olivero, ci saluta così: «Grazie di cuore. Vi voglio bene, tutti». E’ l’ultimo messaggio che ci detta: sempre per tutti. LEGGI TUTTO

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    Toro, Brekalo per Juric: dalla trequarti 27 gol in due anni!

    TORINO – Il Torino tra le linee, dal vangelo secondo Ivan Juric. Nell’impianto tecnico dell’allenatore croato, il lavoro dei due trequartisti a sostegno dell’unica punta è di primaria importanza. Velocità di pensiero e qualità nei suggerimenti, ma anche gol e un certo dinamismo. Juric lo ha proposto nel biennio alla guida dell’Hellas Verona, e lo stesso sta cercando di fare in granata: nel 3-4-2- 1, chi gioca a ridosso dell’attaccante ha il compito di legare il gioco e di essere presente in zona gol. Un concetto santificato dai numeri dei giocatori che in gialloblù ha alternato sulla trequarti: nella stagione 2019/2020, la prima nella città dell’Arena, in quel ruolo Juric ha utilizzato Mattia Zaccagni, Valerio Verre e Matteo Pessina. L’apporto di gol dei tre è stato complessivamente di 13 realizzazioni, considerando le 2 di Zaccagni, le 4 di Verre e le 7 di Pessina. Ma non solo, perché i trequartisti hanno sfornato anche 12 assist – 9 Zaccagni, 3 Verre – per i compagni. (…)Guarda la galleryIl Torino presenta Brekalo, Praet e Zima

    Brekalo si prepara alla titolarità con il Sassuolo

    Zaccagni e Barak – titolari indiscussi di una squadra che spesso ha messo sotto gli avversari sul piano del gioco e dell’intensità – Juric li avrebbe accolti di buon grado a Torino, salvo poi ripiegare su Dennis Praet e Josip Brekalo, oltre a Marko Pjaca: tre giocatori su cui l’allenatore punta per riproporre al Toro quanto di buono fatto vedere altrove. (…)

    Tra tutti, l’unico ad avere sicurezza di gol è Brekalo, ammirato solo nel riscaldamento domenica e in odore di titolarità domani contro il Sassuolo: il croato, in prestito dal Wolfsburg, nelle ultime tre stagioni e mezzo ha segnato 18 reti tra Bundesliga, Europa e coppa nazionale, dimostrando di saper galleggiare bene sulla trequarti. «Sono affamato e feroce: spero di segnare diversi gol e firmare parecchi assist» ha detto martedì nella conferenza di presentazione. Dalla sua, oltre al tiro da fuori, Brekalo ha anche la predisposizione ad allargare le maglie delle difese avversarie con i suoi movimenti, permettendo ai centrocampisti di inserirsi. 

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    Guarda la galleryRiscossa e show del Torino, la Salernitana di Ribery crollaTuttosport League “Torneo a Gironi”, crea la tua squadra ora LEGGI TUTTO

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    Toro, la resa dei conti: Juric anti Cairo per i tifosi in tilt

    TORINO – Ma guarda un po’: la stragrande maggioranza dei tifosi si è scoperta completamente rapita e in parte appagata dalle denunce (calcisticamente, concettualmente inappuntabili) di Ivan Juric in merito alle sconcertanti politiche societarie di Urbano Cairo e all’imbarazzante mercato di Davide Vagnati. L’avreste mai detto? Eppure, a leggere i giornali di proprietà del presidente/editore, va sempre tutto ben madama la marchesa di Masio. Vero, ci sono anche quelli poco convinti dagli sfoghi del croato – di colpo caduto dal pero granata dopo un avvio all’insegna delle larghe intese e degli ammiccamenti verso la società che lo aveva ingaggiato per due milioni l’anno («non ero abituato a tutto questo lusso»: do you remember?) e che temono si tratti dell’ennesimo teatrino degli orrori – ma dall’altra notte una cosa è certa: il re Urbano adesso è nudo, al di là dei suoi ricorrenti selfie in stile tipo da spiaggia.Guarda la galleryGonzalez e Vlahovic affondano il Torino: vince la Fiorentina

    La resa dei conti

    La verità è che siamo alla resa dei conti. Da un lato viene da dire GIÀ, stante che Juric è arrivato da tre mesi, dall’altro FINALMENTE, considerato che Cairo è Cairo da 16 anni. Ora, pretendere – come molti vorrebbero – che l’allenatore si dimettesse è obiettivamente troppo, in questo calcio e in questo mondo. (…) Pensare invece che sia Cairo a licenziarlo per insubordinazione è poco plausibile: per via dello stipendio che percepisce (e a libro paga c’è ancora Giampaolo, eh) e perché, ricordando gli sbrodolamenti di elogi presidenziali di tre mesi fa, vien da pensare che ci sia un limite anche alla faccia di bronzo. Ma forse no, vai a sapere. Sensazione è che vi sia la speranza/convinzione – in questi ultimi giorni di mercato, quando le situazioni e i prezzi spesso cambiano – di colmare in qualche modo carenze e appianare divergenze. (…)Tutti gli approfondimenti sull’edizione di Tuttosport

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