consigliato per te

  • in

    Allarme Toro: Zapata, limiti e ko. Serve solidità, ma la società?

    TORINO – Il buco nero per il Toro ha un nome e non c’è bisogno di aver letto i libri di Stephen Hawking per comprendere che si chiama Zapata. In un secondo, quel maledetto secondo che alla fine della partita ha inghiottito in un colpo solo il suo ginocchio sinistro e il 30% della forza e delle potenzialità del Torino, un terremoto si è abbattuto sulle speranze, sulle ambizioni, sulle prospettive, sulla solidità e sui destini della squadra di Vanoli. Ceduto Buongiorno, che per i granata rappresentava un leader universale, e venduto anche Bellanova, il miglior produttore di pericoli e assist della scorsa stagione, era rimasto il colombiano a trascinare i compagni con i suoi movimenti a tutto campo, con il suo alto indice di aggressività e con i suoi gol (3 in campionato più uno in Coppa Italia, dopo la dozzina di reti della scorsa stagione), e a rappresentare un punto di riferimento fondamentale nello spogliatoio, con la sua personalità. Fine: in un istante tutto è andato in fumo, è evaporato.
    L’infortunio di Zapata
    E, in attesa delle sentenze mediche ufficiali, fin d’ora la prospettiva di dover rinunciare a Zapata per tutta la stagione assume davvero i contorni di un buco nero, all’interno del quale si è dissolto improvvisamente tutto un mondo. «Puntiamo all’Europa», avevano già detto più giocatori. Puntare all’Europa, provarci, era anche il vademecum emerso dalle discussioni di inizio stagione tra Cairo, Vagnati e Vanoli. E il brillante inizio di campionato aveva persino sfornato, una tantum, quel 1° posto in solitudine alla 5ª giornata: un viatico, ma pure un piedistallo concreto per la lievitazione delle ambizioni. Invece, adesso… Mettiamo i fattori in fila: 1) data la voragine che si è aperta in attacco (e vediamo anche se Adams continuerà così spesso a segnare, senza i movimenti scardina-difese di Duvan); 2) dato il processo di sgonfiamento del soufflé uscito dal forno a settembre (3 ko di fila, considerando anche l’eliminazione dalla Coppa Italia); 3) dati i preesistenti limiti strutturali della rosa in specie in difesa e sulle fasce; 4) e dato pure il contesto (l’esordiente Vanoli con al fianco una società scheletrica e globalmente non all’altezza), non si può escludere a priori, purtroppo, il rischio, l’incubo che questa squadra tra qualche mese si ritrovi risucchiata nelle parti mediobasse della classifica.
    Alludiamo al pericolo del dissolvimento della fiducia, della scomposizione dell’unità di gruppo e di uno scollamento rispetto alla rivoluzione tattica e di mentalità propugnata da Vanoli: non sia mai! Ma i pericoli vanno compresi e affrontati, per prevenirli: e un allenatore va coadiuvato e difeso anche aiutandolo a sbagliare il meno possibile. Mentre i giocatori non vanno soltanto motivati, ma anche rimessi dentro a un recinto quando deragliano nei comportamenti, nello spirito di sacrificio, nell’attaccamento. Tra l’altro: quel richiamo lanciato da Vanoli alla vigilia di San Siro proprio quanto ai comportamenti, agli stili di vita e all’impegno in allenamento ci aveva già fatto pensare, e parecchio.
    I prossimi impegni in campionato
    Per la tranquillità di tutti, meglio bloccare subito l’emorragia e fare punti alla ripresa del campionato sia a Cagliari, sia dopo col Como. I 3 ko di fila sono arrivati sotto una mole di reti incassate (8; e già 11 sono i gol presi in 7 giornate). Questa squadra, così indebolita in difesa (non dimentichiamo anche l’uscita di scena dell’ex capitano Rodriguez, non sostituito da un braccetto di ruolo per il centrosinistra), ha già ampiamente dimostrato di ballare troppo (nessun’altra formazione ha subito più tiri nello specchio) e di andare troppo spesso per merenda sia nelle cosiddette transizioni difensive, sia nelle marcature (a Milano il non plus ultra in negativo, sui 3 gol dell’Inter). Non abbiamo compreso appieno i ripetuti cambiamenti dell’assetto difensivo nelle scelte dei titolari e lo spostamento forzato negli ultimi tempi di Coco da centrale a braccetto: la fase difensiva appariva più solida a inizio stagione. E la mediocrità delle fasce, tra fragilità difensive e scarso apporto alla manovra offensiva, rappresentano un altro limite strutturale imputabile a Cairo e al suo organico dt.
    Vagnati, intanto, scalda, cura, protegge, accresce l’attaccamento dei giocatori (e il fegato dei tifosi) andando in tv a dire che li prende con l’idea di venderli a una squadra più importante magari anche già l’anno dopo: «Così ho convinto Adams», mentre Ricci ormai è diventato così bravo da poter giocare «con qualsiasi allenatore in qualsiasi squadra». Un vilipendio sportivo, storico, strategico, sentimentale e morale. Cairo, contestatissimo, non si vede allo stadio da maggio e non sappiamo che presa reale abbia sulla squadra. Vagnati, con le sue qualità ma anche con i suoi limiti oggettivi, è l’unico vero assistente dirigenziale di Vanoli (il vicedt Moretti sta un passo indietro), nonché l’unico preside per la scolaresca dello spogliatoio. Con Cairo, da sempre, le debolezze della squadra sono amplificate dalle debolezze societarie. Quando le cose vanno benino, gli allenatori si illudono a turno di coprire loro stessi le latitanze e le omissioni della società. Quando invece le cose vanno male per lungo tempo, o ci lasciano le penne oppure devono compiere imprese per portare la barca in salvo. E questo lo dicono i fatti, la storia, i campionati, i 19 anni di Cairo. Se anche il destino fosse arrabbiato con lui, non avrebbe potuto colpirlo meglio a ‘sto giro: ficcando Zapata in un buco nero, ha levato al presidente e al suo dt un mare di alibi, di pretese e di scudi protettivi. I nodi, e il solito pettine. LEGGI TUTTO

  • in

    Toro, i problemi da superare: gioco, coperta corta e gol finali

    Vanoli e le scelte di formazione
    «Ci è dispiaciuto molto, moltissimo», ha detto un Vanoli realmente sincero e abbacchiato. Nessun dubbio. Purtroppo il tecnico si deve essere illuso che la squadra avrebbe saputo reggere anche un turnover così ampio tra centrocampo, attacco e fasce laterali in diversi ruoli chiave, poi diventati subito troppi: un boomerang, appunto. Col senno di poi, sarebbe stato decisamente meglio partire con almeno uno a centrocampo tra Ricci e Ilic, così da mantenere un minimo sindacale di qualità nella costruzione, nell’inventiva. E, in attacco, con Zapata (o Sanabria) subito titolare, al fianco di Adams. Prefigurando, cioè, un turnover al contrario, a posteriori nella ripresa, riducendo al minimo gli azzardi iniziali, almeno sulla carta. In cuor suo, in ovvia buona fede, Vanoli era evidentemente convinto che contro un Empoli lui sì “super-turnoverizzato” potessero andar bene anche i Pedersen, i Linetty, i Tameze e i Karamoh schierati tutti insieme in un colpo solo. Invece si è ritrovato sotto di un gol fino al 75’ in coda a un grigiore nella manovra senza cambi di ritmo e squilli fino all’ingresso di Ricci e del sorprendente baby Njie, oltre a quello di Zapata. In generale, dopo la partita, Vanoli ha ammesso «i problemi da risolvere», «i tanti miglioramenti sotto vari aspetti da compiere».
    Vanoli: “Cosa ci è mancato nel primo tempo”
    Ha detto per esempio: «Nel primo tempo è mancato il ritmo di gioco, che è determinante se vuoi diventare padrone della partita (un problema strutturale già con Juric, ndr). Sono mancate le giocate semplici e veloci, ma anche la pazienza. È prima di tutto un fatto di mentalità, di crescita. Con i centrocampisti abbiamo avuto poca personalità nel guardare avanti». E poi, quando in conferenza gli hanno sottolineato la modesta cifra tecnica di troppe riserve in rosa, a cominciare da Karamoh e Pedersen: «Non sono d’accordo, ma voglio di più perché ci sono giocatori che possono dare di più. La stagione sarà lunghissima: servono 22 giocatori, non solo 11. Ho anche bisogno di vedere lo spirito giusto, quello che ha mostrato Njie quando è entrato»: l’ex Primavera 19enne, che ha davvero sorpreso tutti per doti tecniche offensive, atletismo, dribbling, fame e grinta nei recuperi. E l’ennesimo flop di Karamoh? «Deve migliorare nei dialoghi in attacco, è vero. Ma è anche giusto sfruttare tutti e motivarli, dando loro le stesse opportunità. È stato tutto il contesto del primo tempo che ci ha visto andare troppo lenti. Nel secondo anche Pedersen è migliorato. Però è vero che quando dobbiamo fare la partita, come si è visto anche con il Lecce (0 a 0 senza un tiro nello specchio, ndr), non siamo bravi a trovare il buco giusto».
    I problemi in difesa
    E nella fase difensiva? «Dobbiamo aiutarci di più se un compagno viene saltato, bisogna prevederlo nei movimenti sul campo, non siamo ancora bravi in questo». E sul gol di Haas al 90’ da angolo, con Linetty e Dembelé spettatori: «Sulle palle inattive è già il 2° gol che prendiamo, era successo anche a Verona. Bisogna essere più cattivi, sono tutti dettagli e meccanismi da migliorare. Come le reti incassate a fine partita», un altro buco nero che tante volte inghiottì Juric: già 4, considerando le 2 pere ingurgitate a San Siro, il 2° gol del Verona e appunto quello dell’Empoli. Pedersen non sarà mai Bellanova, e bisogna dire grazie a Cairo: mai dimenticarlo. A centrocampo, rinunciare a Ricci ci pare esiziale (meglio se con dentro anche Ilic).
    Sulle fasce, al momento non si può sperare di meglio se non dalla coppia Lazaro-Sosa, augurandoci però che il croato cresca negli affondi. E in attacco soltanto Sanabria (ma se è in vena e non capita sempre, anzi) ci pare all’altezza di sostituire temporaneamente Adams (Zapata, invece, è intoccabile per capacità e potere trascinante: però ha 33 anni e va gestito per i ben noti affaticamenti muscolari). Il Torino ha 2 o 3 giocatori di qualità superiore, 12 o 13 più o meno catalogabili in una medesima categoria, e poi fine: la cifra tecnica crolla e la personalità lascia a desiderare. Cairo è solito pretendere l’Europa, dai suoi allenatori. Pretendesse anche tutti i rinforzi necessari da se stesso, una buona volta! P.s.: se lo ricorda di aver venduto anche un leader per il Toro quasi universale come Buongiorno, vero? LEGGI TUTTO

  • in

    Diretta Torino-Lecce ore 15: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    Gioca a FANTACUP! Parte il nuovo Fantacalcio® di Tuttosport, scopri come funziona e iscriviti subito
    Dove vedere Torino-Lecce: streaming e diretta tv
    L’incontro tra le formazioni di Vanoli e Gotti è in programma domenica 15 settembre alle ore 15 presso lo Stadio Olimpico Grande Torino. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sulla piattaforma Dazn e in tv sul canale Sky Zona Dazn 2 (215).
    Segui la diretta di Torino-Lecce su Tuttosport.com
    Torino-Lecce: le probabili formazioni
    TORINO (3-5-2): Milinkovic-Savic; Masina, Coco, Vojvoda; Lazaro, Ilic, Linetty, Ricci, Pedersen; Zapata, Adams. Allenatore: Vanoli.
    A disposizione: Paleari, Donnarumma, Walukiewicz, Maripan, Bianay Balcot, Sosa, Dembelé, Tameze, Gineitis, Ciammaglichella, Karamoh, Sanabria, Njie. 
    Indisponibili: Schuurs, Vlasic.
    Squalificati: nessuno.
    Diffidati: nessuno.
    LECCE (4-2-3-1): Falcone; Gallo, Baschirotto, Gaspar, Guilbert; Pierret, Ramadani; Morente, Oudin, Pierotti, Krstovic. Allenatore: Gotti.
    A disposizione: Fruchtl, Samooja, Borbei, Pelmard, Jean, Bonifazi, Berisha, Rafia, Coulibaly, Marchwinski, Helgason, McJannet, Rebic.
    Indisponibili: Banda, Kaba, Sansone.
    Squalificati: Dorgu.
    Diffidati: nessuno.
    Arbitro: Colombo (Como). Assistenti: Mastrodonato-Di Giacinto. Quarto Ufficiale: Rutella. Var: Guida. Ass.Var: Paganessi. LEGGI TUTTO

  • in

    Vanoli: “Il Toro è magia e storia. Sogno di finire la carriera allenando l’Italia”

    “Il Toro rappresenta la storia del nostro mondo calcistico, io sono veramente orgoglioso di poterla rappresentare, è una responsabilità veramente importante. Essere qui vuol dire questo”.
    Ad accoglierlo è l’eredità lasciata dall’ex allenatore Juric. Per Vanoli, però, non c’è nessun problema, anzi: “Non sono abituato a confrontarmi ai miei colleghi. Sicuramente, come ho detto, ho trovato una cultura del lavoro molto importante. Ora i giocatori devono capire velocemente quelle che sono le mie idee, che possono essere diverse da allenatore ad allenatore”.
    Tra bel calcio e l’esordio in Serie A, nessun timore: “Noi dobbiamo cercare la pressione, se vogliamo migliorarla. Chi ha la mentalità giusta, la pressione la va a cercare. È il bello di voler alzare l’asticella, per me fa parte di una mentalità vincente. Voglio ricercare la perfezione, il dettaglio, qualche cosa in più che ti porta ad arrivare a un obiettivo forte. È un processo di step. Grazie alla grande esperienza di gavetta che ho avuto, sono riuscito a imparare queste cose”.
    “Il calcio per me è una grossa passione. A volte mi vergogno un po’ del mio atteggiamento in campo – aggiunge l’allenatore -, perché la passione mi porta ad andare oltre, ma voglio che il mio giocatore sia un appassionato. Voglio che il mio giocatore capisca il perché di quello che chiedo. Mi piacciono le responsabilità forti e le sfide”.
    Zapata capitano, il tempo e la pazienza
    Dopo la battuta del presidente Cairo su Zapata capitano, Vanoli ufficializza l’investitura del colombiano: “Sì, sarà lui il mio capitano. Di certo sono contento che i tifosi appoggino questo, anche se io non mi baso sui sondaggi. L’ho scelto perchè rappresenta i valori di questo club, ha l’esperienza giusta e anche per lui è arrivato il momento di responsabilizzarsi. Penso abbia tutte le qualità per rappresentare al meglio il club e i compagni. Con questo non dimentichiamoci che all’interno di uno spogliatoio ci possono essere anche altri leader. Però Duvan si è meritato questa fascia”.
    Ma c’è ancora bisogno di tempo e pazienza: “È un progetto iniziato da 15 giorni, sicuramente oggi sul campo insisto sulle mie idee. Mi riferisco anche al fatto di capire cosa fare quando si ha il pallone tra i piedi. Una cosa che secondo me è importante per far capire ai giocatori che certe volte pensano di fare delle cose giuste, e invece non le fanno. La tecnologia bisogna sfruttarla, chiedo scusa ai tifosi per averli fatti aspettare, ma penso che oggi questo processo per me sia molto importante”.
    Sul rapporto con la tifoseria e gli obiettivi di calciomercato: “Ringrazio i tifosi per come mi hanno accolto, è stato fantastico. Il Filadelfia è la storia, è un onore allenarci lì e so cosa vuol dire. Per quanto riguarda il calciomercato, con la società parlo di caratteristiche e di profili. Poi sono in una società evoluta e aggiornata, il direttore ha dei profili che valuta avendo presenti quelle caratteristiche. Parliamo di questi profili insieme e poi è chiaro che se tra questi c’è qualcuno che conosco, indico la preferenza”. Per Schuurs c’è ancora da attendere: “Ho detto a Perr di andare un po’ in vacanza. E’ un ragazzo giovane e con quello che sta passando deve riposare un po’, sono anche una persona e guardo anche a questo. Deve staccare e stare vicino ai suoi. Quando rientrerà, decideremo quale sarà il suo percorso”.
    Il Grande Torino, Superga e il sogno Italia
    Una delle prime tappe di Vanoli è stata Superga: “Io sono stato un ex giocatore. Quando ho iniziato a fare questo lavoro, tutti mi parlavano del Grande Torino e di questo posto così magico. Quando vado a lavorare in un club, voglio capirne la storia, quindi la prima cosa che ho chiesto era quella di andare, insieme al mio staff, a capire cosa voleva dire Superga. Devo dire che, quando sono arrivato in quel posto, mi ha trasferito una sensazione incredibile, con la fortuna di avere anche un addetto stampa che mi ha raccontato per filo e per segno tanti aneddoti”. 
    Una carriera che raggiunge il suo apice proprio con il Toro, con un solo sogno: “I tanti anni di gavetta che ho fatto mi hanno aiutato tanto, e quando scelgo un collaboratore, so benissimo cosa serve e posso insegnargli quale errore non fare. Il mio sogno? Finire il percorso in Nazionale. Avendo fatto otto anni nelle nazionali ho conosciuto i migliori giovani in Italia; il mio desiderio sarebbe quello di chiudere il cerchio in Nazionale. Nel mio percorso, ho conosciuto allenatori e direttori importanti che mi hanno fatto capire l’importanza della maniacalità”.
    Gioca a FANTACUP! Parte il nuovo gioco di Tuttosport, in palio premi da urlo! LEGGI TUTTO

  • in

    Toro-Vanoli, si parte così: l’Europa come missione

    TORINO – Definirlo un obbligo sarebbe una forzatura, sotto alcuni aspetti anche un po’ ingenerosa. Per cui la parola giusta non ci pare questa. Missione: ecco, missione può essere un termine più appropriato. Rende il senso, esprime l’intenzione e la tensione, ma consente anche un margine di movimento meno ristretto, meno soffocante nella categoria del tempo, se non dello spazio. E Paolo Vanoli vuole dimostrare di avere grandi pure i polmoni, non solo le spalle. Da oggi comincerà ufficialmente il ciclo in granata: si attende l’annuncio (poi, lunedì, il sopralluogo al Fila: resterà a Torino per un paio di giorni). Tutto pronto: accordo biennale fino al 2026, con opzione al favore del club per il prolungamento di 12 mesi. Stipendio da un milione abbondante netto (350 mila euro in più rispetto a Venezia), con premi variegati tra la qualificazione a una Coppa europea e la vittoria della Coppa Italia.
    Toro: Vanoli per tornare in Europa
    Finora, in 19 anni di Cairo, si sono mandate a memoria due qualificazioni oltreconfine, nel 2014 per via del dissesto parmigiano (ottavi di Europa League) e nel 2019 (post stop internazionale del Milan) con mancato superamento della finale playoff sempre di Europa League. Quest’anno il Toro ci è andato vicino, sarebbe stato di nuovo per grazia ricevuta, ma stavolta con oggettivi meriti sportivi legati all’allineamento dei pianeti, mai così tante squadre italiane nelle Coppe: sarebbe bastato che la Fiorentina avesse vinto la Conference per lasciare il posto nella terza competizione europea ai granata, noni in A.
    Si odono solo i ripianti: gli 0 a 0 in casa contro Verona e Salernitana, o a Frosinone, o la sconfitta di Empoli. È l’eredità in chiaroscuro di Ivan Juric: un gran lavoro di semina e crescita in 3 anni tra plusvalenze e clean sheet, il friccicore della prima stagione, quindi la transizione sulla linea di galleggiamento, infine le enormi contraddizioni dell’ultimo anno, ivi compresa la crescente incomunicabilità (eufemismo) con il mondo del tifosi. Paolo Vanoli, 51 anni, 3 in più di Ivan, porterà di sicuro una ventata di novità. Già lo ha fatto in forma indiretta per settimane, mesi, fin da quando è diventato di dominio pubblico l’interesse del Torino per lui (la rivelazione su queste colonne a metà gennaio), sino all’accelerata dell’ultimo mese (accordi trovati prim’ancora che cominciassero i playoff con il Venezia. Anche in laguna aveva un contratto sino al 2026).
    Comunicato della società neopromossa in A, ieri mattina: “Il Venezia comunica di aver raggiunto l’accordo per la risoluzione consensuale del contratto di Paolo Vanoli. Il Venezia ringrazia con affetto Paolo Vanoli, e tutto il suo staff, per i risultati ottenuti con la prima squadra, con la quale ha raggiunto i playoff di Serie B nella sua prima stagione dopo una fantastica rimonta e ha ottenuto nel campionato seguente una promozione in Serie A che resterà nella storia del club. Grazie al suo temperamento ed alla sua professionalità, Vanoli ha saputo incarnare lo spirito del Venezia, valorizzando la rosa e contribuendo in maniera decisiva alla creazione del forte legame tra il club e la tifoseria arancioneroverde. Buona fortuna, mister”.
    Allievo di Sacchi e vice di Conte: chi è Vanoli
    Da oggi, dunque, il Torino potrà svelare urbi et orbi l’ultimo segreto di Pulcinella, con la ceralacca del notaio. Vanoli arriva motivato in modo superiore alla media, fin dai primi momenti del corteggiamento di Vagnati aveva reagito con entusiasmo, a Venezia poi ha continuato a fare il suo per raggiungere la A, ma in ogni caso il richiamo del Torino aveva già da tempo fatto breccia. Arriverà carico a pallettoni, come si dice, e desideroso di mettere piede nel mondo granata con buone dosi di encomiabile umiltà. Dovrà anche imparare: la sensibilità dei tifosi e la fame che sentono a morsi da decenni. Qui si tratta innanzi tutto di allungare mani. E Vanoli è tutto fuorché una persona miope o presuntuosa: siamo convinti che non sbaglierà le mosse di avvicinamento. Arriva stramotivato, ma anche con l’etichetta di pupillo di Vagnati.
    Perché il suo approdo è figlio della stima nutrita per lui dal dt. Cairo si è convinto strada facendo. Poteva, può preoccuparlo l’inesperienza del tecnico in A (debutterà col Toro), ma conosce bene il suo percorso vincente: 7 anni da allievo di Sacchi come ct o vice ct di tutte le nazionali giovanili (due volte vicecampione d’Europa) fino alla collaborazione con Ventura in azzurro, poi vice di Conte al Chelsea e all’Inter (una Coppa d’Inghilterra e uno scudetto), quindi il lavoro da primo allenatore: la Coppa di Russia vinta con lo Spartak Mosca e il biennio straordinario di Venezia. Ha le stigmate di un tecnico ancora giovane e in ascesa da anni. Quanto rampante e quanto capace di digerire i tempi e i modi del cairismo, invece, lo si vedrà man mano. Cairo chiede al suo ciclo quella benedetta Europa, già un po’ leggendaria come il Robaldo. Vanoli ci spera. Ma poi dipenderà pur sempre da che rosa gli daranno. E pure quando. E da quanti talenti alla Buongiorno gli leveranno da sotto i piedi. In bocca al lupo, insomma. LEGGI TUTTO

  • in

    Cremonese-Venezia: 1° round per la A

    TORINO – Tutto pronto, in uno “Zini “esaurito, per la finale d’andata dei playoff di B, Cremonese-Venezia, fischio d’inizio alle 20.30. Sfida che s’annuncia incerta ma con gli ospiti che, in virtù del miglior piazzamento in campionato, salgono in Serie A anche con due pareggi (nella gara di ritorno, prevista il 2 giugno dunque, non vi saranno supplementari ed eventualmente rigori, se c’è equilibrio fra le due squadre, vanno in A gli arancioneroverdi che hanno chiuso la stagione regolare al terzo posto contro il quarto della Cremonese). Dunque, i lombardi di Stroppa sono chiamati a vincere la gara d’andata per levare al Venezia il vantaggio regolamentare. Ciò potrebbe accadere? Perché no. La Cremonese che s’è qualificata per la finale, tritando il Catanzaro 4-1 nella semifinale di ritorno (dopo il 2-2 dell’andata), ha i. mezzi per battere anche il Venezia che però resta la più forte delle partecipanti ai playoff e che è giunta in finale dopo aver superato due volte il Palermo (0-1 al Barbera, 2-1 al Penzo), partite dove gli arancioneroverdi hanno giocato senza dover mettere in campo tutto il loro potenziale e che invece si dovrebbe vedere stasera. Pohjanpalo ad esempio, capo cannoniere della B con 22 reti, non ha ancora segnato nei playoff, sarà interessante il confronto con Coda, lo storico bomber della B, finora in stagione 18 reti complessive per la Cremonese. Tuttavia, potrebbe uscirne una partita piuttosto tattica, con le squadre schierate “a specchio” , entrambe secondo il 3-5-2, modulo di riferimento da sempre per Stroppa (e con quale è già salito in A con Crotone e Monza), il prevalente per Vanoli che lo sviluppa soprattutto col gran lavoro sulle fasce degli italiani Candela e Zampano (gli altri nove, di solito, sono tutti stranieri). A giochi fatti, poi, ci sarà da vedere che ne sarà delle due squadre. Il Venezia deve risolvere certe beghe economiche che pesano sul futuro societario, al punto da metterne a rischio l’iscrizione, qualsiasi sia la categoria. Da mesi Nienderauer, il patron statunitense degli arancioneroverdi, rassicura tutti, garantisce che, da ex ad e presidente della Borsa di New York, troverà i soci in grado di acquistare il 40% del club e fornire il cash necessario ad iscriversi. Però è da qualche mese che dà per imminente l’ingresso di nuovi capitali e la situazione resta sempre la stessa, il Venezia ha una pesante situazione debitoria (anche e soprattutto coi fornitori) e non ha ricevuto penalizzazioni durante il campionato, soltanto perché ha sempre trovato le risorse per pagare regolarmente gli stipendi (come a gennaio, quando proprio alla Cremonese vendette il fantasista norvegese Johnsen, cessione utile a dare ossigeno alle casse arancioneroverdi, senza rinforzare troppo un’avversaria, considerato il contributo molto ridotto che ha dato Johnsen in grigiorosso, oggi non convocato per un affaticamento muscolare). La Cremonese invece, riportata in auge da patron Arvedi, il re dell’acciaio italiano, ha una solidità economica innegabile, sarebbe interessante vedere come affronterebbe la A, visto che vi ritornerebbe dopo un solo anno e stavolta ci sarebbe da affrontare la massima categoria con un atteggiamento diverso dall’ultima esperienza, dove con Max Alvini in panchina, piaceva per quel che mostrava ma raccoglieva troppo poco. Il lavoro fatto da Stroppa, tuttavia, potrebbe portare a proporre in A una squadra stavolta più concreta. Poi il fatto stesso che il confronto avvenga sui 180’, potrebbe produrre una gara tattica, con un certo timore da parte di entrambe nell’affondare i colpi perché chi perde l’andata rischia di compromettere la gara di ritorno. Il Venezia resta indubbiamente più forte. Però la Cremonese ha una sua solidità e ha chiuso il campionato con la miglior difesa, di gran lunga la meno perforata (32 gol subiti e una differenze reti di +18) mentre il Venezia resta la squadra col migliore attacco del campionato (69 reti segnate e una differenza gol di +23). Valori che dimostrano come la differenza fra i due club è veramente minima, può bastare un episodio a fare la differenza. LEGGI TUTTO

  • in

    Toro, prenotato il successore di Juric: Vanoli è a un passo

    È solo questione di tempo. E di tragitto. C’è un percorso, davanti agli occhi: più o meno lungo, più o meno breve. Ordunque, se questo percorso si svilupperà senza più colpi di scena (leggi: inversioni a “u” nelle scelte di Italiano, l’allenatore in uscita dalla Fiorentina, o di Palladino, in partenza da Monza), a tempo debito Vanoli potrà diventare il nuovo allenatore del Torino al posto di Juric. Davanti al tecnico del Venezia si distende infatti un’autostrada libera, quasi senza… casello. Se non compariranno ostacoli al momento davvero non previsti o preventivabili, un giorno Vanoli arriverà a destinazione nel porto granata. Oggi come oggi, è infatti già formalmente a un passo dal Toro: diciamo che è nei fatti è già stato “prenotato” dal Torino. Ma quando lo compirà questo passo che ancora manca? E come mai questa accelerata nei suoi confronti proprio in questi ultimi giorni? E Italiano? E Palladino? E Gilardino?
    Insulti a Superga, le scuse della squadra
    Italiano, Palladino e Gilardino: come stanno le cose
    Ecco, cominciamo da qui, da questi ultimi tre allenatori che il Torino ha inseguito, corteggiato, ricoperto di sondaggi nelle ultime settimane, come più volte narrato su queste pagine. Potenzialmente, l’obiettivo preferito di Cairo e Vagnati (lo sanno tutti, lo hanno capito tutti da tempo…) è (o meglio: sarebbe) Italiano, autore di un gran ciclo a Firenze dopo le soddisfazioni e i successi conquistati a Trapani e Spezia. E ora Italiano è approdato anche in finale di Conference, in programma a fine maggio: come l’anno scorso, quando arrivò anche in finale di Coppa Italia, pur perdendole poi tutte e due. Vagnati aveva anche incontrato Italiano nei giorni scorsi: l’allenatore in uscita da Firenze (decisione già presa e comunicata con Barone ancora vivo) si è detto molto inorgoglito e contento di godere di una stima così forte da parte di Vagnati e di Cairo, con sul tavolo in bella vista la panchina futura del Torino. Ma Italiano è oggetto da molto tempo anche dell’interesse precipuo del Napoli (che già lo voleva la scorsa estate per il dopo Spalletti: però la Fiorentina non era disposta a liberarlo) e del Bologna (un’altra variabile, poi, potrebbe essere la Juventus, se si separasse da Allegri ma senza riuscire a prendere Thiago Motta, a sua volta destinato molto probabilmente a lasciare il club emiliano per compiere un salto di qualità in un top club italiano o straniero: lo cercano anche dall’Inghilterra, tanto per capirci…).
    Juric e i 5 che hanno tradito la fiducia
    Italiano e le condizioni per il rinnovo
    In tale scenario, Italiano ha (fondamentalmente) comunicato questo a Vagnati: potrei prendere in esame concretamente la vostra offerta solo una volta chiusa la stagione della Fiorentina e valutata con grande attenzione la mia situazione a 360 gradi. Tutte le carte a disposizione, insomma. Una risposta molto cortese, rispettosa del Torino e dei suoi vertici, e non solo diplomatica. Ma tradotta in giornalistichese (e nella realtà) diventa: se dopo la finale di Conference (29 maggio) le squadre più ricche, potenti e ambiziose e/o in Champions (dal Napoli al Bologna e via dicendo) evaporeranno davanti agli occhi di Italiano, allora l’opzione Torino, inferiore di livello seppur comunque intrigante, potrebbe improvvisamente decollare. Ma c’è il rischio che nasca comunque un’altra complicazione grossa per il Torino, strada facendo… Se infatti la Fiorentina vincerà la Conference o in ogni caso conquisterà l’Europa League attraverso il piazzamento finale in campionato, scatterà automaticamente un rinnovo automatico sino al 2025 per Italiano. A quel punto Cairo dovrebbe pagare una penale a Commisso pur di sperare di liberare Italiano. E i rapporti tra Torino e Fiorentina sono grandemente deteriorati da un paio di anni, come ben si sa. Morale: continuare a inseguire Italiano appare correre dietro a un miraggio, più che a un sogno.
    Palladino e Gilardino no, Vanoli vicino
    Di Palladino e Gilardino è presto detto. Il primo (da tempo già corteggiato dal Bologna in alternativa a Italiano) si è detto al momento non interessato a valutare altre squadre del livello del Torino. Penserà solo al Monza sino a fine campionato, è stata la risposta non certo accomodante ricevuta da Vagnati. E Gilardino, nei giorni scorsi, si è pubblicamente promesso al Genoa anche per il futuro: rinnovo biennale del contratto solo da firmare e annunciare. Morale: anche Palladino e Gila non risultano più essere obiettivi realistici, per il Torino (si aggiunga poi che anche Gattuso si è già tirato fuori dal “giro granata”). Altri allenatori non vengono concretamente presi in esame dal Torino. Senza soluzioni credibili dietro l’angolo, Vagnati ha così premuto sull’acceleratore, tornando ripetutamente a incontrare chi cura gli interesse del tecnico del Venezia, uno specifico pallino del dt granata (in esclusiva, si svelò su queste colonne l’interesse del Torino per Vanoli già a gennaio). A 51 anni, Vanoli è un allenatore emergente, di successo: alle spalle, i tanti anni da ct o vicect delle nazionali giovanili azzurre (con trofei alzati), da viceallenatore con Conte al Chelsea e all’Inter (Coppa d’Inghilterra e scudetto) e da tecnico “primo” (la Coppa di Russia vinta con lo Spartak Mosca nel ‘22, quindi il biennio travolgente col Venezia in B: preso da subentrato in zona retrocessione e portato ai playoff, l’anno scorso, e ora di nuovo in corsa per la A).
    Venezia in corsa per la Serie A
    Stasera (ultima giornata di B) il Venezia giocherà sul campo dello Spezia, 15° ma non ancora salvo, mentre il Como (2° in classifica, 2 punti sopra ai veneti) ospiterà il Cosenza, 10° e senza più obiettivi. Sulla carta, dunque, ci possiamo aspettare un Como promosso stanotte in A come già il Parma, e il Venezia ai playoff da 3°: il 20 e il 24 maggio giocherebbe le semifinali, il 30 e il 2 giugno le eventuali finali di andata e ritorno. Addirittura dopo la finale di Conference!, verrebbe da dire. Ma c’è una differenza enorme: Italiano non si è promesso al Torino, anzi, mentre Vagnati ha già in tasca la disponibilità di Vanoli a trasferirsi in granata con grandi motivazioni, a tempo debito. C’è poi un’ulteriore tessera da aggiungere al mosaico: il Venezia sta già valutando nuovi allenatori per la prossima stagione. Ma siccome Vanoli può, deve e vuole pensare solo ai destini sportivi del suo Venezia, per adesso (mani decisamente più libere ha invece chi lo rappresenta), gli incontri con Cairo e Vagnati e le trattative finali per la definizione del suo contratto col Torino potranno svilupparsi solo dopo che il Venezia avrà chiuso ufficialmente la stagione (stasera, oppure dopo i playoff). Ultimo pro memoria: Vanoli (sotto contratto sino al 2026) ha una clausola rescissoria da 500 mila euro in B e da un milione in A. Intanto, però, il Torino lo ha già “prenotato”, per l’appunto. E così Vagnati può stare tranquillo, nell’attesa: lunga o breve che sia. LEGGI TUTTO

  • in

    Venezia: tutti ai piedi di Pohjanpalo

    TORINO – La formidabile stagione di Joel Julius Pohjanpalo al Venezia ha la capacità di far dimenticare tutto il resto. Il club lagunare vive una fase delicata, con patron Niederauer che deve trovare – magari già questo mese – i capitali necessari a sistemare i conti del club, ad oggi c’è qualche dubbio sul fatto che la società possa iscriversi al prossimo campionato, qualsiasi sia la categoria, anche se il club ha onorato tutte le scadenze di pagamenti, compresa quella del 15 marzo. Ma in questo momento il tifoso arancioneroverde ha solo occhi e cuore per il proprio centravanti finlandese che venerdì sera, con la doppietta nel 3-0 di di Palermo, è salito a quota 18 in classifica marcatori, sempre più re dei bomber di B. Qualcuno, per la sfida del Barbera, proponeva il confronto fra i due centravanti, Brunori vs Pohjanpalo, ma non c’è stato mai match: al di là dei due gol, mentre l’italo-brasiliano quasi non lasciava traccia, il finlandese giocava una straordinaria partita da uomo squadra, dove tutti giocavano per lui e lui giocava per tutti, anche soltanto ogni volta che si rendeva prezioso nel gioco di sponda che faceva risalire la squadra. Insomma, con un Pohjanpalo così, il Venezia ha tutte le carte in regola per aggiudicarsi la lotta per il 2° posto, l’ultimo buono per andare in A senza passare dai playoff, nonostante la forte concorrenza della Cremonese (rinforzata proprio dal Venezia al mercato di gennaio con l’arrivo di Johnsen) e del Como. Giovedì poi, Pohjanpalo vivrà una serata particolare, degna di questa grande stagione. Assieme al compagno di squadra Joronen, sarà nella Finlandia che nella semifinale playoff per andare a Euro 2024, affronta fuori casa il Galles (la vincente, troverà in finale chi avrà la meglio fra Polonia ed Estonia). Il bomber del Venezia si meritava una serata europea così. Vederlo nella B italiana è un lusso enorme, non fosse stato per i pesanti infortuni che ne hanno frenato la carriera, ben prima che giungesse in Italia nel 2022, Pohjanpalo poteva diventare uno dei migliori centravanti dei nostri tempi. Il grande calcio lo ha assaggiato (Leverkusen, Amburgo, Union Berlino) ma ora meriterebbe di tornarci. Per dire, almeno la metà delle squadre di Serie A, ma probabilmente anche di più, se la sognano una prima punta così in squadra. Del resto i suoi numeri al Venezia, dicono già tutto. Sbarcato in Laguna il 19 agosto 2022, in arancioneroverde ha disputato 63 gare di B mettendo a segno 37 reti (media 0.58 a partita). Dei 18 gol di questa stagione, 13 li ha realizzati nel girone di ritorno, un’autentica marcia trionfale per lui e per il Venezia: 3 alla Samp nella prima giornata di ritorno, poi uno al Parma, due al Sudtirol e al Modena, uno al Pisa, al Como e al Bari, fino alla gran doppietta di Palermo: primo gol con uno stacco di testa alla Riva (paragone in voga da tempo), raddoppio calciando di potenza ma con le tre dita, al punto che quando Vanoli nel finale l’ha sostituito per farlo rifiatare, lo sportivissimo pubblico del Barbera gli ha riservato un lungo applauso. E anche questo dice di quanto Joel Julius Pohjanpalo meriti molto di più della B italiana. LEGGI TUTTO