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    Zalewski, il futuro re. Tra la Roma e il Golden Boy

    C’è un ragazzo, a Roma, che sogna forte, con l’entusiasmo e la sfrontatezza dei suoi vent’anni appena. Sogni dorati e sogni iridati, quelli che motivano ogni mattina – al suono della sveglia – Nicola Zalewski. L’esterno giallorosso, classe 2002, è uno dei venti talenti del calcio europeo in lizza per la vittoria del Golden Boy 2022 e, al contempo, è già un riferimento di quella Polonia che si appresta – lei sì – a volare in Qatar per i Mondiali. La nazionalità del giovane nato a Tivoli e cresciuto a Poli, poco più di 2000 anime sui Monti Prenestini, è eredità di papà Krzysztof, che l’ha seguito come un’ombra lungo tutta la trafila nel vivaio e che è prematuramente mancato poco più di un anno fa, appena dopo l’esordio del figlio in Nazionale.

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    Talento d’altri tempi

    Già, perché – a dispetto dell’età – Zalewski vanta fin d’oggi un lauto bottino di apparizioni nel grande calcio: 35 complessive nella Roma, 7 nella Polonia. «E questo perché, in qualche modo, Nicola è un giocatore d’altri tempi: salta l’uomo con il primo controllo di palla, sempre orientato, quasi senza dover ricorrere al dribbling. Una dote molto rara nel calcio odierno», individua la qualità più preziosa tra le tante Fabrizio Piccareta, tecnico del gioiellino di Mourinho ai tempi dell’Under 17 giallorossa. Un gruppo che tracimava di talento, con i vari Bove e Cancellieri, Milanese e Ciervo. Un gruppo in cui già spiccava l’esuberante talento dell’italo-polacco. «Di primo acchito, quando mi era stata affidata quella straordinaria annata, mi aveva impressionato la sua qualità tecnica. Ma che sappiano dare del tu al pallone, a quell’età, sono in tanti. Lui, come soltanto i giocatori di livello superiore, abbinava già un altro tipo di qualità, quello per le scelte sempre giuste nella giocata. Limiti? Era decisamente leggerino, anche se per la tipologia di calcio nei suoi piedi ha sempre limitato i contrasti con gli avversari. Ma l’ho rivisto qualche mese fa e, ora, mi sembra più strutturato».

    Che numeri con Mourinho

    Merito di quella palestra – in tutti i sensi – chiamata prima squadra, con cui ha già raccolto presenze in Serie A, in Coppa Italia, in Europa League e, naturalmente, nella vittoriosa Conference League della passata stagione. «A 17 anni non si può mai dare per scontato che un ragazzo arrivi così in alto, perché ci sono troppe variabili disseminate lungo la strada, ma ero certo che avrebbe raggiunto un ottimo livello – prosegue Piccareta –. Tutt’al più, mai avrei immaginato che ci riuscisse interpretando il ruolo di quinto a tutta fascia: la sua principale forza è quella di partire dall’esterno e convergere verso il centro per agire quasi da trequartista, come ha fatto vedere l’anno scorso in Europa nella semifinale contro il Leicester con l’assist per Pellegrini. Se da quinto di centrocampo, quando addirittura non di difesa, è riuscito ad approdare tra i migliori venti talenti del calcio europeo, il giorno in cui tornerà al suo ruolo naturale il Golden Boy potrà anche vincerlo. Secondo me anche Mourinho è consapevole di limitarlo sull’esterno, ma al contempo capisco che oggi, con Dybala e Pellegrini davanti, rischi di avere la strada sbarrata in una posizione più offensiva».  

    Lacrime lontane

    L’affermazione, almeno sul palcoscenico giovanile, è infatti arrivata all’interno di una differente intelaiatura di gioco. E con differenti mansioni, a partire da una minore responsabilità in fase difensiva. «Ai tempi adottavo il 4-3-3 e lui agiva indifferentemente da esterno d’attacco o da interno di centrocampo, anzi: sovente si scambiava con Milanese in maniera naturale, senza che arrivassero indicazioni dalla panchina. E, questo, a proposito della sua intelligenza calcistica. Fuori dal campo è sempre stato un ragazzo rispettoso ed educato, atteggiamento cui adesso ha unito anche una maggiore consapevolezza del suo valore in campo. In Under 17 era già molto determinato e motivato, non ci stava a perdere neanche in partitella. Figurarsi in una finale scudetto come quella persa con l’Inter in quella stagione: ricordo le sue lacrime, a partita ancora in corso, dopo che un compagno aveva sbagliato allo scadere il rigore che avrebbe potuto riaprire i giochi…».
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